Qvale Automobili: la breve ma intensa avventura della Mangusta
Nel grande libro della storia dell’automobilismo, Qvale Automobili occupa un capitolo breve ma pieno di passione, audacia e, perché no, un pizzico di follia. Questo piccolo marchio italo-americano, nato negli anni ‘90, è stato il sogno di un imprenditore visionario con l’intento di creare un’auto sportiva capace di lasciare il segno. Spoiler: ci è riuscito, anche se non come sperava.
Kjell Qvale
Dietro Qvale Automobili c’è Kjell Qvale, un nome che gli appassionati di motori americani conoscono bene. L’imprenditore di origini norvegesi contribuì alla diffusione negli Stati Uniti, precisamente negli anni ’50 e ’60, di marchi come Jaguar, MG e Triumph, contribuendo a rendere popolari ed iconiche le sportive europee anche dall’altra parte dell’Atlantico.
Ma Kjell non si accontentava di vendere le auto degli altri: voleva fare di più. Sognava di creare la sua supercar, qualcosa che combinasse l’ingegneria americana con lo stile italiano. E così, negli anni ‘90, nacque la Qvale Automobili.
La Qvale Mangusta: un’auto, tre anime
Il progetto principale della Qvale fu la Mangusta, un’auto sportiva realizzata in collaborazione con il leggendario designer italiano Marcello Gandini. Firma già nota per la Lamborghini Miura e la Countach! Con un pedigree del genere, le aspettative erano altissime, e la Mangusta non deluse.
Prodotta a Modena, la capitale del “bel rombo”, la Mangusta era alimentata da un motore Ford V8 da 4,6 litri, capace di erogare 320 cavalli. Non solo prometteva di andare veloce, ma lo faceva con una “perla” ingegneristica che la rendeva unica: il suo tetto Rototop. Bastava un movimento e potevi trasformarla in coupé, targa o cabriolet. Tre anime in una macchina, per adattarsi all’umore del giorno.
Troppo bella per il successo?
Eppure, nonostante tutto questo entusiasmo, la Mangusta non riuscì a decollare. La causa: il mercato delle sportive non è un terreno di gioco facile. Il prezzo era alto, la rete di vendita limitata, e competere con giganti come Porsche e Ferrari non è mai una passeggiata. Alla fine, furono prodotti solo 284 esemplari, rendendo la Mangusta una rarità per pochi fortunati collezionisti.
Quando la situazione si fece troppo complicata, nel 2003 Qvale cedette tutto (progetto e stabilimento) alla De Tomaso, un marchio italiano altrettanto ambizioso ma altrettanto sfortunato.
Oggi, la Qvale Mangusta è un’auto che fa battere il cuore agli appassionati. Non è solo una macchina, ma una storia: quella di un uomo che ha osato sognare, quella di un design innovativo e quella di un connubio tra due culture automobilistiche: l’americana e l’italiana, che raramente si incontrano così bene.
Per chi ha la fortuna di possederne una, la Mangusta non è solo un bolide con un motore V8: è un pezzo di storia, un’auto che racconta un sogno audace, forse troppo avanti per i suoi tempi. E chissà, forse è proprio questo il suo fascino: essere una stella cadente nel cielo dell’automobilismo, breve ma indimenticabile.